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Albert Schweitzer PDF Stampa E-mail
Salvatore Spensieri ci invia un ricordo di Albert Schweitzer, incontrato al campo nazionale di Val Fondillo (1951)

Quand’ero ragazzo conobbi Albert Schweitzer. Un uomo che ha avuto qualche influenza sulla mia vita.
Medico di valore se n'era andato in Africa nel momento in cui era giunto al colmo della fama.
A Lambarené, poche capanne tra la savana e la foresta tropicale, aveva messo su un ospedale con padiglioni di canne, di paglia e di pali. Il migliore sulla linea dell'equatore.
I malati giacevano a terra sulle stuoie con tutta la famiglia attorno, compresa qualche vecchia capra.
Gli volevano costruire un ospedale moderno, all'occidentale, ma lo rifiutò. Diceva che l'ospedale doveva essere come la casa e lì le case erano di paglia e di fango.
Forse gliel'offersero perché sapevano che l'avrebbe rifiutato.
Non voleva privilegi. Se non c'erano ospedali di pietre e di vetri per gli altri non c'erano nemmeno per lui.

I suoi capelli erano una criniera bianca e gli enormi baffi candidi gli nascondevano le labbra carnose.
Di notte suonava l'organo e di giorno cantava versetti della Bibbia. Era un cristiano evangelico. Non si considerava un missionario, ma convertì uomini in ogni angolo della Terra.
Andavano a trovarlo persone provenienti dalle nazioni più lontane, e lui si infastidiva perché i visitatori turbavano la quiete dell'ospedale. Forse s'era accorto che i più andavano fin laggiù solo per poter dire che c'erano stati.

Quando lo conobbi a Val Fondillo, nel Campo  Nazionale  scout, del 1960,  mi colpì il tono caldo e tranquillo della voce. Rispondeva alle nostre domande, davanti al fuoco di bivacco, come se noi non fossimo ragazzi e lui avesse tutta l'eternità davanti.
A me, che ero incerto della vita come delle mie lunghe gambe ossute, disse di spenderla tutta la vita, possibilmente bene e senza paura delle sconfitte, che sarebbero state tante.

Aveva le mani grosse, nodose e ruvide. Ma sul far dell'alba ci suonò l'organo con dita più leggere di ali di libellula.
E noi sentimmo i suoni della foresta attorno a lui e ritmici piedi neri battere la terra insieme ai nostri. Gli dettero il premio Nobel per la pace e lo dimenticarono.

Ora lo ricordano solo un gruppo di vecchi negri e qualche ragazzo, sparso qua e là, con i capelli bianchi.

 

NdR: Salvatore Spensieri, il ragazzo che incontrò Albert Schweitzer, è diventato un medico.


 

 
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