Piazza intitolata a BP

Domenica 7 febbraio 2010 a Sarzana è stata intitolata a Baden Powell una piazza (dinanzi alla fortezza Firmafede).
Pietro Lazagna è stato invitato a tenere un discorso. Ne riportiamo qui gli appunti.

Sarzana , Fortezza Firmafede  7-2-2010, intitolazione dei giardini a BP.

Intervento di Pietro Lazagna.
Quale senso oggi può avere il movimento scout?

La penetrante analisi della questione giovanile offerta da Umberto Galimberti nel suo  “L’ospite inquietante, il nichilismo e i giovani” (Feltrinelli 2007) fa da sfondo a questa breve riflessione. Galimberti nota come una cappa tecnologica pesante oggi copra la nostra gioventù che ha scarsi margini per progettare la propria esistenza  senza essere costretta nei binari della corsa al consumo o alle mode gregarie  che permeano ogni paesaggio visivo e mentale  attraverso l’ipoteca dei media e del gioiello tecnologico.

Un ospite pervasivo e devastante: il nulla, il nihil che dagli ultimi anni del XIX° secolo ha eroso i valori in un potente crescendo in cui il potere tecnologico smisurato non ha lasciato anticorpi.

Le voci critiche del XX° secolo, da Bergson a Buber a Mounier non hanno potuto erigere barriere adeguate ad un processo che appare invincibile.

 La scomparsa di certezze che nei secoli hanno indicato le norme e le relative trasgressioni ha consegnato la nostra gioventù al mare della soggettività, in  balia di se stessa senza ancoraggi e sponde capaci indicare limiti.

Un senso d’inutilità, di impotenza a essere protagonisti di progetti vitali e dotati di senso sedimenta un disagio che in assenza di calore umano si riscatta nei riti del sabato sera; non più sensi di colpa ma solo ansia da prestazione.

L’idea di limite e l’esistenza di norme sono la sponda che aiuta la crescita e consente il discernimento. Il nichilismo annulla le barriere e l’unica guida resta il casuale desiderio endogeno o indotto che erompe nel quotidiano iper stimolato dal bombardamento e dal fracasso mediatico. Non che i così detti valori tradizionali di riferimento avessero dato grandi prove: l’immagine tradizionale di patria,  famiglia, religione  di stato, razza, nazione, classe fino alle formazioni di partito, è ridotta a macerie  sotto i nostri occhi e non è stata sostituita; ai massacri ideologici sono subentrate le pulizie etniche, i razzismi  feroci e impresentabili delle tifoserie.

In un deserto emotivo e di valori credibili cosa resta? Alla scuola mortorio e noia si cerca di sfuggire attraverso prestazioni estreme capaci di stupire e di colpire nel circuito delle droghe di stato dal gioco alla velocità all’alcool per finire con il circuito anestetizzante delle droghe proibite. Dalla zona d’ombra del dolore  si fatica ad uscire e si consumano solitudini mortali.

La relazione simmetrica io-tu può bastare a costruire progetti ?

Nella riflessione di Emanuel Lévinas ho trovato un motivo che mi sembra interessante: è l’altro che ci salva. L’Altro che si erge potente e tirannico e ci costringe a non uccidere. A non lasciare solo chi muore, a prenderci cura di lui…La riflessione esistenzialista dei decenni passati ha dedicato pagine importanti a questo motivo, ma aveva molti concorrenti nell’offrire ricette agli uomini.

Oggi molte di quelle ricette sono finite in archivio con un grande bagaglio anche autorevole di ideologie secolari e l’ uomo sempre più solo fatica a trovare la rotta.

Il movimento scout è nato negli anni dei grandi imperi coloniali; gli autori che hanno alimentato le metafore pedagogiche furono geniali innamorati del mondo che si affacciava alla storia europea pur con il relativo corteo di orrori. Ma il riscatto venne dal mutuare dai popoli sconfitti valori e stimoli capaci di sedurre i nostri giovani urbanizzati e tecnologici con i potenti richiami a miti incantati della libertà, della solidarietà, della relazione armonica  nella natura non ancora corrotta.

La metafora del grande gioco che salda le tecniche di spionaggio (Kim) con quelle del cercatore di tracce o del trappeur, il mito del branco coeso forte e leale con quello di animali totemici carichi di valori solidali e generosi ha catturato e plasmato generazioni di giovanissimi e di adolescenti. E in più con valori di virtù civiche molto laiche e anglosassoni capaci di saldare in un’unica fraternità interconfessionale e interetica migliaia di associazioni. Associazioni che per questa virtù civica di autonomia e indipendenza seppero darsi uno statuto di associazioni permeate di elementi religiosi mai clericali e mai fanatici, e per questo non utilizzabili per operazioni clericali  sia di origine ecclesiastica sia di origine statuale. In proposito si deve tenere ben presente che quando vi furono ostacoli allo scoutismo essi vennero sia da parte di centrali  “religiose” che ne temevano l’autonomia sia da centrali di stato che ne avvertivano la pericolosità civile e l’indipendenza non di facciata, nonché il potente senso di fratellanza universale poco utilizzabile per le grandi operazioni nazionaliste, razziste, militariste del XX° secolo.

Anche le pratiche solidaristiche, ecumeniche, pacifiste ed ecologiste hanno trovato spiriti curiosi e recettivi negli anni  in cui le grandi correnti della pedagogia attivistica, da Dewey a Montessori, da Ferriére a Cousinet a Freire…andavano affermando faticosamente proposte di pedagogia non autoritaria ma tutt’altro che prive di autorevolezza e di indicazioni normative.

La formazione dei capi, di cui giustamente è stato qui oggi segnalato il ruolo decisivo, ha confermato un’intuizione di bp, per cui è attraverso la responsabilizzazione e l’impegno quotidiano che si forgiano caratteri, uomini e gruppi. Il giovane ventenne dirigente scout cresce sotto un solo “tiranno”, l’Altro di cui si prende cura e che gli è stato affidato. Genitori e ragazzi sanno quanto su questa figura si sono costruiti legami indelebili liberi e solidali.

Nella formazione dei capi emerge la genialità di BP: dai piccoli capi sestiglia ai capi sq.; dalla dinamica del gruppo piccolo, alla solitudine dell’hyke di prima classe, al noviziato del rover fino alla disponibilità al servizio è un continuo crescendo in cui i ritmi corretti  trasformano la materia plasmabile in uomo e donna  di responsabilità.

La lezione della e nella e con la natura, mai idealizzata ma vissuta.

La vita sobria e spartana; il gioco anche pesante e rischioso ma anche il silenzio e la capacità interiore; la capacità di condividere elidendo o riducendo distanze sociali; la manualità , la corporeità (ricordo le polemiche di un tempo, fortunatamente andato, sul presunto peccato di naturalismo del movimento scout!), il culto per il canto corale col suo magico effetto di trascinamento; oggi la coeducazione; i reparti mt (malgré tout per indicare la presenza di compagni  con difficoltà fisiche o psichiche).

La libera educazione con i pari che produce impegno fisico, morale e sociale, energia e tempo libero dedicato. La dedizione di giovani capi ai loro ragazzi nelle riunioni settimanali, domenicali nei campi e nei bivacchi danno bene un’idea di cosa significa la salvezza viene dall’Altro, quali che siano i significati ulteriori che nella dimensione religiosa o cristiana può assumere questo valore. Gli adulti cresciuti a questa scuola non sono infanti protratti malgrado i sarcasmi che si sono sprecati: sono uomini e donne che hanno superato le zone d’ombra del dolore e della solitudine e che hanno intrapreso con dignità la loro strada sulle vie del mondo, con tanti fratelli e consapevoli della posta in gioco.

Mi sia permesso chiudere con una citazione: di recente un redattore del “fatto quotidiano”dedicava una “cattiveria” al PD equiparato a un gruppo di boy scout; il successivo 8 gennaio 2010 il lettore Antonio Alì teneva a precisare: “Ho letto la cattiveria di oggi… e volevo precisare che il PD non è assolutamente come un gruppo scout. Noi scout educhiamo alla responsabilità, lealtà, legalità etc. Cerchiamo di far vivere ai ragazzi la propria vita da protagonisti aiutandoli a compiere, sempre fin da piccoli, delle scelte responsabili e consapevoli. So che voi scherzate e per questo non me la prendo, continuate così…”